Daniele Prati
Dipartimento di Medicina Trasfusionale ed Ematologia, Fondazione IRCCS Ca’ Granda IRCCS
Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Milano
Transfusion Medicine Network 2016;1:1-3 (Pubblicato aprile 2016)
Daniele Prati
Dipartimento di Medicina Trasfusionale ed Ematologia, Fondazione IRCCS Ca’ Granda IRCCS
Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico, Milano
Transfusion Medicine Network 2016;1:1-3 (Pubblicato aprile 2016)
In Italia è stato introdotto lo screening delle donazioni di sangue mediante nucleic acid testing (NAT) per l’epatite B (HBV), per limitare i rischi di trasmissione legati al periodo finestra e all’infezione occulta da HBV. Per contenere i costi viene eseguito su pool di diverse donazioni. Lo screening anti-HBc non è raccomandato per evitare carenza di donatori. Uno studio recente ha messo in discussione la sicurezza di questo approccio attraverso l’analisi di campioni donatore-ricevente raccolti prima e dopo la trasfusione. Con test molecolari molto sensibili, sono stati riesaminati i campioni di donatori con infezione occulta raccolti in occasione di donazioni precedenti. Ciò ha dimostrato che il test NAT in pool da 6 aveva identificato solo il 50% delle donazioni viremiche, e le rimanenti erano state trasfuse. Il confronto tra le sequenze virali dei donatori e dei rispettivi riceventi ha confermato che queste unità sono in grado di trasmettere l’infezione. Le raccomandazioni nazionali dovrebbero essere riviste, abbandonando i test in pool e passando a test NAT su singola donazione. In aggiunta o in alternativa, può essere valutata l’introduzione di anti-HBc, anche considerando che la prevalenza di reattività del marcatore in Italia è in fase di progressiva riduzione.