VANESSA AGOSTINI
Medicina Trasfusionale, Ospedale M. Bufalini-Cesena Ausl della Romagna
Transfusion Medicine Network 2014;3:30-37 (Pubblicato luglio 2014)
Durante gli interventi di chirurgia maggiore o per traumi maggiori, il sanguinamento intraoperatorio può complicarsi con lo sviluppo di una coagulopatia dovuta alla perdita, alla diluizione, al consumo dei fattori della coagulazione, al supporto trasfusionale massivo, all’acidosi e all’ipotermia. In base alla capacità di compenso del paziente, una perdita uguale o maggiore al 20% del volume ematico può rappresentare un’emergenza emorragica ed essere un fattore di rischio per le complicanze legate all’ipoperfusione tissutale, all’insorgere dell’anemia postoperatoria e alla necessità di supporto trasfusionale. Tutti questi fattori sono predittori indipendenti di sopravvivenza nel postoperatorio e richiedono un importante dispendio di risorse per la loro gestione. La possibilità di una diagnosi precoce della coagulopatia acquisita che può instaurarsi in corso di emorragia critica è di fondamentale importanza per una terapia individualizzata e basata sugli aspetti fisiopatologici. A tale scopo i tests di coagulazione standard non sono adeguati, in quanto richiedono tempo, esplorano solo la fase plasmatica del processo coagulativo e non consentono di differenziare una coagulopatia da ridotta consistenza del coagulo, da iperfibrinolisi o da ridotta generazione di trombina. Gli strumenti di monitoraggio viscoelastico quali la tromboelastografia e tromboestometria rotazionale sembrano invece essere promettenti per tale tipo di diagnostica al letto del paziente.